Intervista di Maria Centracchio a Martina Lo Giudice. Eh si, proprio cosi!

Intervista di Maria Centracchio a Martina Lo Giudice. Eh si, proprio cosi!

Visto che ti conosco discretamente bene, mi è stato chiesto se mi andasse di farti un’intervista. Ma, a parte che avrei saputo indovinare tutte le risposte e non sarebbe stato divertente, credo che ormai ti sarai stancata di rispondere a mille persone. Quindi facciamo così: stavolta quella che fa le domande
sarai tu, cara Maria! 🙂

Pubblicato da il 4 Ago 2021 in


Da quanto tempo mi sopporti?
Ci conosciamo da parecchio, avendo anche sempre avuto Ody come amica in comune. Ma sono “solo” 6/7 anni che ci sopportiamo a tempo pieno! Paradossalmente, abbiamo cominciato ad avere un’amicizia più vera quando abbiamo iniziato a menarci, a 57kg. Proprio il fatto di combattere per lo stesso obiettivo, e soprattutto con le stesse difficoltà, ci ha unite tantissimo. Quando dovevamo fare contro non ci siamo mai fatte sconti, né in gara né in allenamento, anzi, quelli con te sono sempre stati tra i combattimenti più “cattivi” che ricordo! Una volta scese dal tatami trovavo una persona su cui poter contare davvero. Abbiamo condiviso tatami, stanza, quotidianità, vacanze, tante gioie ma anche tantissimi dispiaceri e ostacoli. Non solo per quello che riguarda il judo, ma anche tantissimo per le questioni personali. Lo sai bene, ma te lo ripeto, la nostra amicizia è stata preziosissima per me in questi anni!


Se 5 anni fa ti avessero detto che sarei salita sul podio alle Olimpiadi, ci avresti creduto? E perché la risposta è “assolutamente no”?
5 anni fa era un risultato difficile da pronosticare: una categoria nuova, una veterana come Eggi davanti, una fiducia da parte delle varie direzioni tecniche pari a zero, un infortunio ad apertura quadriennio. Diciamo che, in tutta onestà, se mi avessero chiesto di scommetterci la casa, non l’avrei fatto! Ricordo che tempo fa, parecchio tempo fa, mi chiedesti se davvero credessi in te oppure ti supportassi solo perché amiche. Ti risposi di sì, credevo davvero in te, perché ti avevo visto fare delle cose che non pensavo potessi fare e da quello avevo intuito che con questa tua attitudine, che avevo imparato a conoscere col tempo, saresti potuta arrivare ovunque. Lo pensavo davvero. Ovviamente la certezza non ce l’avevo, sicuramente negli anni ho dubitato anche io in qualche occasione. Non sapevo se alla fine ce l’avresti fatta davvero, ma sapevo che avresti potuto.


Quale aspetto del mio judo apprezzi? E quale invece disapprovi, per non dire ti disgusta?
Judo? Quale judo?! Scherzo, ovviamente! Per quanto i tuoi makikomi con annessa facciata per terra abbiano sempre fatto rivoltare il mio Jigoro Kano interiore, voglio ribadire una cosa, e se la dico io che sono cresciuta a pane e uchikomi, vale doppio! La pulizia tecnica è una parte importantissima del judo e, ok, diciamo che sulla tua qualcosina da dire ce l’avrei, ma poi esiste tutta la parte della lotta a terra, del kumikata e della tattica in cui non sei seconda a nessuno. Anzi, potresti fare scuola! Ormai che siamo in argomento, voglio anche chiarire quello che penso su di te come atleta a 360 gradi. Credo sia ingenerosa e riduttiva, per quanto forse in buona fede, la definizione di te che più va di moda in questi giorni, cioè “quella senza qualità che ce l’ha fatta”. Pur essendo lo stacanovismo, la forza di volontà e la resilienza le caratteristiche che più ti hanno aiutato ad arrivare alla medaglia olimpica, non ci dimentichiamo che anche quelle che ho descritto prima riguardo al judo sono grosse qualità! E poi, soprattutto, hai sempre avuto delle doti fisiche naturali che
dire eccezionali è poco. Cosa mi hai detto la sera prima della gara, ti ricordi? “Al peso ero 62… ma non fa niente, c’ho la forza di una 78!” Ognuno può avere i suoi gusti in fatto di judo, il modo di combattere di alcuni è sicuramente più bello da vedere di quello di altri, è innegabile. Ma tutti quei professoroni che in questi anni ti hanno denigrata e bollata come “non adatta”, nonostante già diverse volte avessi dimostrato di essere efficace più di quanto ci si aspettasse, sono stati semplicemente degli incompetenti. Di questo, purtroppo, non mi stupisco. Dispiace solo che a te, come a molti altri, tutto questo sia costato tanto in termini di fiducia, sicurezza e consapevolezza e anche e soprattutto di tempo ed energie.


In questi 5 anni qual è stata la gara in cui ti ho sorpresa di più?
Sicuramente non te lo aspetti, ma mi viene da dire l’EuCup di Malaga del 2016! La prima gara internazionale a 63. In quell’occasione ti ho vista proprio al posto giusto, molto più di quanto avresti mai potuto esserlo a 57. Forse è stato lì che per la prima volta ho visto tutto il potenziale che avevi nella nuova categoria. Che poi la gara sia finita con una frattura al piede e che da lì, per un paio d’anni, le cose siano state tutte in salita, è un altro discorso.


Qual è stato l’infortunio dal quale mi hai visto riprendermi con più difficoltà?
Senza dubbio l’operazione al gomito. Anche se è stata un’operazione delicata, è filato tutto liscio dal punto di vista medico e, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, hai affrontato la riabilitazione con la solita professionalità e precisione. Ma nell’attesa di tornare sul tatami al 100% era tutto un dubitare: “funzionerà il gomito? funzionerò io?”. E una volta ricominciate le gare hai fatto fatica ad ingranare con i risultati: anche le European Cup sembravano diventate ostacoli insormontabili.

Tra tutte le gare andate male che abbiamo vissuto assieme, qual è la più significativa secondo te? Perché?
Cavolo, di trasferte ”Turiste per caso” ne abbiamo fatte parecchie insieme! E per fortuna che eravamo insieme, anche da avversarie. Però i nostri “periodi buoni”, purtroppo, non sono mai coincisi: il momento migliore per te è stato quello peggiore per me e viceversa. Ed è proprio durante un mio periodo molto positivo che credo tu abbia toccato il fondo: Madrid e poi soprattutto Minsk. Io a Madrid avevo vinto, tu eri uscita al primo come ormai succedeva da diverse gare. Al ritorno, in aereo, eri inconsolabile mentre ti chiedevi se ne valesse ancora la pena e io non ho potuto fare altro che infastidirti un po’ per provare a tirarti su il morale (con evidenti scarsi risultati!). A Minsk, qualche settimana dopo, non c’ero nemmeno, ma anche da casa potevo facilmente sentire quanto fossi a un passo dal gettare la spugna e smettere di provarci. Non sono stati per niente giorni facili. Per fortuna, e non so con quale forza, ti sei data un’ultima possibilità e da lì è stata una scalata: Glasgow, Tashkent, Tel Aviv e poi il bronzo agli Europei 2019 che, ironia della sorte, si disputavano proprio a Minsk, a un anno di distanza da “quell’altra Minsk”.


Cos’hai pensato quando hai visto il sorteggio?
Ho pensato subito che fossi capitata nella tua parte fortunata di tabellone! Tutte le volte che sei partita da lì, dal fondo della poule D, hai sempre fatto gare eccezionali. Poi guardando i nomi mi sono immaginata la gara e ho pensato che, a meno di un passo falso al secondo incontro, saresti arrivata in fondo! A un certo punto, parlando con le altre a casa, davo pure le percentuali di vittoria e sconfitta. Ovviamente le ho prese tutte!


Visto che qui Leski non era in gara, per chi tifavi?
Ahahahahahahahahahah da quanto aspettavi di vendicarti?! Scusa ma non è colpa mia se “judo” e “63kg” non fanno rima! Mi è venuto naturale simpatizzare per quella più tecnica della categoria. A mia discolpa posso dire che le volte che vi siete incontrate l’ho sempre gufata più o meno come tutte le altre

Qual è l’incontro in cui ti sono piaciuta di più, e perché? Aspetta… sei riuscita a guardarli o ti sei coperta gli occhi per metà del tempo?
Diciamo che ho avuto delle difficoltà, ma mai come a Minsk! Direi che dal divano è più facile gestire la tensione! Comunque credo che l’incontro con Ozbas sia stato quello più bello: superiorità schiacciante. L’incontro in cui mi sei piaciuta di più è stata la finale: il classico incontro “alla Maria”, tattico, cinico e tutto intensità, dal primo all’ultimo secondo, e in quel momento non c’era bisogno di altro! È stato un po’ come la chiusura di un cerchio vincere il bronzo con un incontro impostato così!


Quando hanno dato il terzo shido a Fransenn eri incredula quanto me?
Direi che “incredula” sia l’ultima cosa che ero in quel momento. Un attimo prima ero tesissima. Avevo avuto buonissime sensazioni per tutta la mattinata e l’incontro, come il resto della gara, era chiaramente in mano tua. Ero solo preoccupata che Fransenn potesse inventarsi qualcosa all’improvviso. Allo shido ho tirato un grosso sospiro di sollievo. E, ovviamente, ho iniziato a piangere come una bambina e ho smesso dopo non so quanto tempo!


Qual è stato il primo pensiero quando mi hai visto con la medaglia al collo?
“Ma vedi un po’ questa matta… alla fine ce l’ha fatta davvero! Che storia!E quanto sono fiera di lei!” E di nuovo giù a piangere. Sai forse meglio di chiunque altro cosa è stato per me questo quadriennio e quanto difficile sia guardare le Olimpiadi, da casa, ma l’orgoglio per te e per quello che sei riuscita a fare mi ha riempito il cuore!

Per finire, la domanda più importante di tutte: quanto ti manca fare randori con me?
Zeeeero!! I tuoi makikomi e i tuoi judogi corti formato Barbie possono tranquillamente infastidire qualcun’altra!! Però mi sei mancata e non vedevo l’ora tornassi da Tokyo per abbracciarti forte e festeggiare!





A cura di Martina Lo Giudice.


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