Intervista al M. Renzo Giusti

Intervista al M. Renzo Giusti

Renzo Giusti e’ stato un agente di commercio ed ex agente della Borsa Diamanti, professione che gli ha permesso di fare 11 volte il giro del mondo. Scrittore di libri per ragazzi che ancora oggi vengono proposti agli studenti delle scuole elementari e medie. Renzo Giusti e’ sopratutto maestro 7 Dan di judo. Una esperienza decennale […]

Pubblicato da Chiorbaciov il 5 Mag 2014 in Prato

Renzo Giusti e’ stato un agente di commercio ed ex agente della Borsa Diamanti, professione che gli ha permesso di fare 11 volte il giro del mondo. Scrittore di libri per ragazzi che ancora oggi vengono proposti agli studenti delle scuole elementari e medie. Renzo Giusti e’ sopratutto maestro 7 Dan di judo. Una esperienza decennale in federazione come Direttore Tecnico a diversi livelli, decine e decine di cinture nere formate a Prato.

Una voce importante, insomma.

Da quanto tempo fa judo e come si è avvicinato alla disciplina?

Dall’ottobre 1954. L’acqua era fredda per continuare l’allenamento col nuoto e la neve non sarebbe arrivata che a dicembre. Ho scelto il judo per non stare fermo nella mezza stagione.

Ha sempre saputo che sarebbe diventato maestro?

No, ho fatto uno scalino alla volta.

Il judo in Italia ora ha meno appeal di prima?

I media danno al judo visibilità zero. L’arbitraggio è ormai un indovinello, le gare sono troppo lunghe. La concorrenza con altri sport è tanta.

In uno dei suoi libri parla del tema dell’omosessualità fra adolescenti. Pensa che il judo sia utile per superare ogni tipo di diversità, anche sessuale?

La natura decide sulla morfologia e la sessualità. Non ci sono sconti per nessuno, quello che ci propinano gli Dei non possiamo cambiarlo.

La nostra arte marziale è rimasta un “genere di nicchia”. Di chi pensa possano essere le responsabilità di questa mancata attrazione verso la società?

Non è un genere di nicchia; ha assunto sembianze diverse. La gente viene in palestra per divertirsi e l’agonismo promette grandi sacrifici e pochi riscontri. Il risultato è che solo il 10% fa gare.

L’IJF ha cambiato centinaia di volte il regolamento, e questo solo negli ultimi mesi. Le piace?

I cambiamenti non servono. Occorre impedire l’opposizione al combattimento, obbligare subito le prese e ripristinare il GO KYO.

Perchè ora non ricopre nessun ruolo federale?

L’ho fatto per 10 anni, gratuitamente e con grande impego. Ora tocca ai giovani: ex atleti preparati con cultura, conoscenza lingue e contatti internazionali per difendere i nostri azzurri dalle prepotenze, e sono tante, dei boss stranieri.

Quali sono le prepotenze a cui i nostri azzurri sono stati sottoposti dai boss stranieri di cui porta testimonianza ?

Sorteggi addomesticati, arbitri in controtendenza, ospitalità raccattaticcia, fattori di campo fatti pesare eccessivamente, accordi fra team da cui gli italiani che non capiscono le lingue sono esclusi, servizi trasporti da ultimi della fila, e quanto altro può mettere a disagio chi non è capace di farsi sentire a voce alta. Una lotta quella dei D.T di livello internazionale che non deve essere sottovalutata, che certe volte, verso gli emarginati,  si spinge con gli accertamenti antidoping estesi oltre il podio.

Che ne pensa del regolamento nazionale?

Le spese gare, tesserementi, controlli medici, burocrazia, e quanto altro grava sullo sport  sono un argomento da sottoporre ai nostri egoisti e ciechi politici.

Secondo lei la federazione ha operato bene in questi anni o ci sono delle migliorie che potrebbero essere apportate?

E’ stato realizzato  il centro di Ostia: grande impianto. Ma delle migliorie al sistema possono essere apportate. Ad esempio organizzazione di selezioni nazionali che includono i P.O. (professionisti stipendiati) in confronti pre gara con elementi  non evidenziati nelle classifiche FIJLKAM, ma individuati da volenterosi e attenti  Direttori Tecnici come potenziali soggetti di livello internazionale. Due giorni di botte con 8 elementi, girone all’italiana, dove viene selezionato solo quello che sta in piedi, mettendo a rischio il posto assicurato in squadra dalle nomine federali e dalle potenze militari.

Non troverebbe giusta una separazione più netta fra atleti professionisti nelle forze dell’ordine ed amatori, visto che spesso quest’ultimi finiscono per essere delle vittime sacrificali alle finali nazionali?

Divisione indispensabile, come tutti gli sport veri.


  1. Claudio Zanesco says:

    chiaro, serio, efficace.

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