Cinzia Cavazzuti: una donna per il judo!

Cinzia Cavazzuti: una donna per il judo!

Cinzia Cavazzuti, un oro e tre bronzi continentali, quattro titoli assoluti, un podio olimpico sfiorato a Sydeny 2000: un nome una garanzia, un concentrato di potenza e di umiltà, una donna per il judo. Non è stato facile abbandonare i panni di atleta ed inventarsi una nuova vita dopo aver vissuto di solo judo per […]

Pubblicato da AC il 31 Gen 2014 in Monza

Cinzia Cavazzuti, un oro e tre bronzi continentali, quattro titoli assoluti, un podio olimpico sfiorato a Sydeny 2000: un nome una garanzia, un concentrato di potenza e di umiltà, una donna per il judo.

Non è stato facile abbandonare i panni di atleta ed inventarsi una nuova vita dopo aver vissuto di solo judo per anni, ma l’ex azzurra è ora pronta per tornare al judo nelle vesti di tecnico con una missione speciale: le donne sul tatami.

In verità come tecnico Cinzia si sta già cimentando da circa tre anni: abbandonando l’alto livello ha scelto di tornare alle basi osservando ed imparando dai più piccoli; si è trattato di un percorso a ritroso per riscoprire la semplicità del gesto tecnico prima che l’agonismo lo trasformi nell’interpretazione di un campione; si è trattato di un approfondimento scientifico parallelo all’iscrizione alla facoltà di scienze motorie per riempire di risposte le domande lasciate a lungo senza risposta.

Facendosi portavoce di un’esigenza oggi quanto mai attuale, Cinzia ha messo in rete l’esperienza di alcune colleghe lombarde già abituate nei rispettivi club a dedicarsi in particolare alle ragazze: è nato un gruppo di lavoro interessante e coinvolgente, un gruppo di donne per le donne.

Italiajudo ha intervistato Cinzia per capire qualcosa in più di questo progetto.

 

Cinzia com’è stato reinventarsi come judoka?

Difficile: il cambiamento in verità non è ancora finito. Sono stata lontana dal judo per sei anni: dopo le olimpiadi ho smesso completamente perché ero stanca, non ne potevo più, ho comprato un’edicola ed ho cambiato completamente vita. Mi sono riavvicinata poco alla volta, con un percorso a ritroso che mi riportasse alle basi. Sono ormai tre anni che faccio il tecnico ma ci sto ancora lavorando.

Da cosa nasce l’esigenza di organizzare una serie di allenamenti per sole donne?

In questi due anni sono stata invitata a condurre alcuni allenamenti provinciali: come sempre questi contesti sono molto eterogenei e per proporre qualcosa di adatto a tutti il rischio che correvo era quello di non riuscire ad incontrare le esigenze specifiche, senza riuscire nemmeno ad esprimermi al meglio come tecnico. Di qui l’idea di pensare qualcosa per incontrare un esigenza specifica, riunendo un gruppo a cui proporre allenamenti su misura: d’altronde per allenarsi è fondamentale avere a che fare con partners simili! Guardandomi in giro per il territorio lombardo ho poi scoperto alcune realtà che avevano già organizzato degli allenamenti per sole ragazze: insieme a Donata Burgatta, Elena Cavalli, Elena Marzorati ed Elena Scialpi abbiamo messo a punto un circuito itinerante, valorizzando ciò che loro stesse avevano sperimentato in precedenza. Siamo un gruppo di donne per le donne in Lombardia: spesso succede che le allenatrici donne vengano messe in secondo piano…la nostra è una proposta ed un’esperienza diversa.

Quali sono le peculiarità di una donna sul tatami?

Al di là di alcuni casi eccezionali, di solito abbiamo meno base fisica per cui andrebbe curata di più e meglio la preparazione di base. Ci sono molti aspetti importanti da curare soprattutto a livello preventivo: basti pensare agli infortuni alla caviglia, più diffusi tra le ragazze che tra i ragazzi…con un lavoro mirato anche la probabilità di questo tipo di problemi può essere ridotta. Fare allenamenti per sole donne ha un senso anche in quest’ottica: se pensiamo agli allenamenti misti, una donna con un uomo deve usare più forza, venendo meno in velocità, modificando la propria posizione…cosa succede in questi casi ad una ragazza soprattutto se non è più che pronta a livello fisico?

Essere una judoka ed essere un judoka: cosa cambia?

Spesso mi sono chiesta se esiste un vantaggio nell’essere una donna sul tatami: qual’è il vantaggio ad essere donna? Se penso a quando ho iniziato, ero l’unica ragazza del corso: facevamo randori e chi vinceva restava per combattere con gli altri…io restavo fino alla fine, vincevo con tutti ed il maestro invece che congratularsi con me si arrabbiava con i ragazzi perché avevano perso con una femmina; non mi chiamava quasi per nome: ero la “fanciulla”. Poi crescendo le cose sono cambiate e sentirsi dire “fai judo come un uomo” è diventato un complimento…d’altronde più il livello si alza più cerchiamo di migliorare la nostra parte maschile, la fisicità, un certo modo di pensare.

Forse bisognerebbe proporre dei modelli e dei metodi più vicini alla femminilità: la mia generazione non ha mai avuto un modello o una proposta “femminile” in senso stretto. Con questo non voglio dire di “mettere i fiocchetti ed i nastrini” alle judoka, non scherziamo…parlo piuttosto della necessità di proporre dei modelli più adatti: manca un’alternativa valida al modello maschile, una proposta che si avvicini di più alla nostra “complessità”.

Sono consaevole che il problema è più complesso e riguarda il sistema sportivo e sociale italiano, non solo il judo. Ad emergere sono le donne che in qualche modo assumono di più il modello maschile: in vero la femminilità può portare soluzioni alternative ad un modello che a quanto pare a livello sociale non funziona più molto; il ruolo maschile dal canto suo è investito di troppe attese, di troppa responsabilità e gli uomini sempre di più ne pagano le conseguenze…forse il problema è che il modello femminile non ha avuto modo di farsi conoscere a sufficienza e non è stato valorizzato come complementare – e non sostitutivo – di quello maschile.

Come vedi il nostro judo “in rosa”?

In rosa?? Non mi piace: “in rosa” alimenta le discriminazioni. Seguo poco in vero, una cosa però la posso dire: a differenza di quando combattevo io, ora anche le donne hanno la possibilità di accedere ai Gruppi Militari facendo un vero e proprio percorso professionistico: è una possibilità in più per migliorare, l’importante è non perdere il senso della realtà.

Che idea ti sei fatta sulle recenti variazioni dei regolamenti che a livello nazionale ammettono tutte le donne alle finale e a livello internazionali tagliano un minuto ai tempi di gara?

Le motivazioni quali sono? In entrambi i casi non sono state addotte spiegazioni esaurienti e resto molto perplessa…esistono delle regioni fisiche, fisiologiche per tagliare un minuto ai tempi di gara? E per quanto riguarda l’ammissione senza discriminazione alle finali, la ragione è che le donne sono poche? Se il problema fosse di numerosità, una vera soluzione risiederebbe in una progettualità più ampia che partisse dal chiedersi perché sono poche. Qualificare tutte significa da un lato togliere qualità, dall’altro mettere a rischio l’incolumità stessa delle ragazze meno esperte messe di fronte a delle professioniste.

Un sogno per domani?

Mi piacerebbe che la nostra iniziativa crescesse per incrementare a livello numerico il judo femminile. Più a breve termine sarebbe bello riuscire a dare più qualità al lavoro, pianificando gli allenamenti con le società lombarde interessate, in relazione agli appuntamenti agonistici del calendario federale e alle esigenze specifiche che stanno emergendo di volta in volta.

 

L’appuntamento con il prossimo allenamento è domenica 2 febbraio 2014 dalle 10.30 a lle 12.00, presso il Palaborsani di Castellanza, via per Legnano n. 3.

 

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  1. zanesco claudio says:

    Grande, Cinzia, come sempre

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