Convegno: “La proposta del Judo tra Tradizione e Società Moderna”

Convegno: “La proposta del Judo tra Tradizione e Società Moderna”

“La proposta del Judo tra Tradizione e Società Moderna” è il tema del dibattito svolto il 16 e il 17 aprile 2016 nel dojo della Scuola Judo Tomita e nelle strutture del Don Orione di Roma. L’evento ha visto l’intervento di illustri relatori quali il M° Aldo Piatti, il prof. Giuseppe Tribuzio; il filosofo Alessandro Bruyére e il M° Alfredo Vismara. L’occasione è stata lo spunto per aiutare il piccolo Leo Di Ceglie, che sta combattendo la sua battaglia contro una brutta malattia e a cui facciamo un grande in bocca al lupo.

Pubblicato da Simone Ciaccioni il 27 Apr 2016 in Roma

Il 16 e il 17 aprile 2016 nel dojo della Scuola Judo Tomita e nelle strutture del Don Orione di Roma si è tenuto l’evento di beneficenza in favore del piccolo Leo Di Ceglie, che sta combattendo la sua battaglia contro una brutta malattia (Clicca qui per accedere alla pagina facebook creata per aiutare Leo).

Lo scorso anno l’evento aveva trattato il tema dei ragazzi diversamente abili e Simone, ragazzo down cintura nera, li rappresentava quale simbolo verso il viaggio alla ricerca dell’autonomia. I suoi Maestri di judo, Fabio La Malfa e Alessandro Possagno, ci hanno fatto sapere che Simone non ha mai smesso di sbattere quelle ali e ha superato egregiamente l’esame d’aspirante allenatore ed attualmente insegna judo a bambini e ragazzi in quella stessa palestra dove anni fa iniziò il suo percorso nel mondo del judo.

“La proposta del Judo tra Tradizione e Società Moderna” è il tema del dibattito di quest’anno svolto in due giorni con illustri relatori quali il M° Aldo Piatti, il prof. Giuseppe Tribuzio; il filosofo Alessandro Bruyére e il M° Alfredo Vismara.

Aldo Piatti nel suo intervento parte da un assunto: i giovani hanno bisogno d’essere aiutati a risolvere i problemi semplici della vita quotidiana. Da una parte, quindi, abbiamo principi universali e grandi cambiamenti sociali e dall’altra la difficoltà del vivere comune. In questo mare magnum di vite ed emozioni, la differenza è fatta dall’uomo o dagli uomini che sanno dare l’esempio.

Giuseppe Tribuzio inizia proprio il suo intervento evidenziando come negli scritti del M° Jigoro Kano, inventore del judo, il termine “società” sia quasi un toponimo, ricorre continuamente. Il fondatore del judo distingueva tra un judo in senso stretto (kyogi-judo) che è quello svolto sul tatami, e un judo in senso ampio (kogi-judo) che è lo sforzo di portare i principi del judo fuori dal tatami. A tal proposito, Tribuzio esorta a portare il proprio sapere judoistico al di fuori del tatami, perché il judo attraverso i principi che tramanda non è altro che un mezzo per migliorare la società in cui viviamo. Il Maestro di Judo svolge a tal proposito un ruolo fondamentale: egli è soprattutto un educatore, ovvero colui che“soffia nella fiamma interna dell’educando” assumendosi il rischio del tentativo, che, avverte Tribuzio, è il rischio del fallimento! Il professore barese propone tre esempi: don Lorenzo Milani, figura grande e controversa della chiesa cattolica degli anni ’50 e ’60, padre Ernesto Balducci, personalità di spicco e allo stesso tempo “eretico” all’interno della chiesa cattolica, e il maestro Alberto Manzi, che attraverso la televisione tra il ’60 e il ’68 insegnò agli italiani analfabeti che non era mai troppo tardi per imparare. Tutte queste figure ricordano in qualche modo il lavoro grande, difficile e combattuto che Jigoro Kano fece per portare una linfa nuova in Giappone prima e poi in tutto il mondo, lottando contro le incomprensioni, i nazionalismi e i tentativi di strumentalizzare la sua creatura, il Judo Kodokan.

Secondo Alessandro Bruyére la disciplina del Judo ha bisogno di essere comunicata alle nuove generazioni con una lingua semplice che sia a loro vicina e facilmente comprensibile. In questo scenario, si colloca la storia per bambini (ma non solo) del draghetto Igei, scritta proprio da Alessandro Bruyere gazie alla collaborazione con Italiajudo. Grazie ai principi del judo, il draghetto Igei riesce a sconfiggere paura e insicurezza, e persino il bullismo di cui era vittima per via della propria diversità fisica, senza tuttavia ricorrere all’uso della violenza. Infatti, il draghetto Igei assomiglia ad un pollo e per questo motivo a scuola era per tutti il dra-pollo. A cambiargli la vita è l’incontro casuale con il maestro Gei Do, che lo inizia al judo e ad una nuova vita.

Alfredo Vismara ci porta indietro nel tempo e ripercorre le tappe principali della vita del fondatore del judo. Kano nasce in un momento in cui l’arte del combattimento era in decadenza: i samurai avevano perso il loro lavoro, la loro posizione sociale e in un certo senso la loro identità; Kano conosce qualche maestro (ne erano rimasti pochi rispetto al passato) e va alle loro lezioni. L’arte del combattimento, infatti, è espressione e ricerca di una continua crescita personale e per questo motivo i maestri da cui Kano va a prendere lezioni sono il più delle volte molto colti: dipingono, scrivono, suonano, etc. E’ così che l’incontro con tali maestri spinge Kano ad erudirsi e a fondare il Judo Kodokan quale arte di vita, d’essere, d’insegnare e di apprendere con l’obiettivo non di distruggere altre persone, ma di farle crescere insieme. Il progetto diventa molto importante ed arriva all’attenzione del ministero dell’educazione giapponese, che decide di introdurre il judo quale attività di educazione fisica, morale ed intellettuale. Alfredo Vismara è convinto che non si possano educatore gli individui solo con le parole, cosa spesso ancora oggi non compresa, e che ai fini dell’apprendimento l’azione e il movimento del corpo sono fondamentali.

 

Qui Aldo Piatti apre un collegamento con la cultura latina che non solo sottolineava l’importanza del principio mens sana in corpore sano, ma attribuiva un ruolo predominante nell’educazione dell’uomo e del cittadino alla virtus, la forza di fare il bene. Alessandro Bruyére sottolinea come la virtù nasca dalla fatica ed in effetti il termine virtus deriva dal latino vir che significa uomo o forse da vis che significa forza. Infatti, secondo Bruyére soltanto dalla sofferenza del momento nasce la forza, che servirà poi non soltanto nella gara, ma anche nella vita. Ed è proprio questo concetto a farla da padrone nella storia del dra-pollo Igei.

I due giorni alla Scuola Judo Tomita e nelle strutture del Don Orione di Roma sono stati per tutti momenti di ricerca, formazione ed azione, momenti di felice sudore sul tatami per piccoli e grandi e momenti di riflessione e confronto durante il convegno. Il M° Jigoro Kano, con quella sua intuizione del principio universale del seiryoku-zen’yo (精力善用, il miglior impiego dell’energia) e la sua applicazione pratica nel jita-kyo’ei (自他共栄 tutti insieme per il mutuo benessere), ci ha regalato uno strumento che attraversando la tradizione è valido tutt’oggi per creare uomini forti, utili e liberi.


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