Cronaca e Storia del Judo Italiano 10

Cronaca e Storia del Judo Italiano 10

Come ogni giovedi’ vi proponiamo la rubrica curata dal Maestro Silvano Addamiani, VIII Dan di Judo, dal titolo “Cronaca, Commenti e Storia del Judo Italiano”.   Informarsi dunque e partecipare alle vicende del judo, se lo si vuole salvare, da questa parabola tecnicamente discendente, non si può rimanere spettatori e poi criticare e dissentire o […]

Pubblicato da S. Addamiani il 27 Nov 2014 in Roma

Come ogni giovedi’ vi proponiamo la rubrica curata dal Maestro Silvano Addamiani, VIII Dan di Judo, dal titolo “Cronaca, Commenti e Storia del Judo Italiano”.

 

Informarsi dunque e partecipare alle vicende del judo, se lo si vuole salvare, da questa parabola tecnicamente discendente, non si può rimanere spettatori e poi criticare e dissentire o molto peggio lamentarsi.

Gli eletti non sono la vostra espressione, se vi sono stati subdolamente imposti.

I dirigenti possono sbagliare (errare umanum est, perseverare est diabolicum) e l’elettore può cambiare parere sostituendoli nell’assemblea che seguirà a fine mandato.

Nella nostra federazione la parola sostituzione o ricambio non è molto usata, perché?

Molti maestri, che rappresentano il nerbo agonistico federale, trascurano o soprassiedono a tutta quella parte legiferante che li governa, così facendo recano grave danno a se stessi primariamente e alle loro società.

Può il prete non leggere la Bibbia?

Così i maestri devono studiare lo statuto che li governa. Una riflessione: è un caso molto strano che in tutti i corsi obbligatori che ci sono stati da vent’anni a questa parte per qualifiche e grado degli insegnanti tecnici, non c’è stato mai un momento per spiegare le carte federali.

Alla trentaseiesima assemblea federale, svoltasi a Roma, ero presente e rimasi allibito per l’accaduto che vi descrivo: un candidato non presenziava nell’assemblea che lo avrebbe dovuto eleggere democraticamente, la ragione della sua assenza, era dovuta al fatto che contemporaneamente era anche candidato in un’altra assemblea internazionale, dove non c’erano le deleghe e quindi doveva necessariamente presenziare per avere una possibilità elettiva, e in quel momento di sorpresa, mi venne da pensare: se da noi funzionano le deleghe, a cosa serve tutta questa spesa per gli allestimenti assembleari, tutto questo apparato di invitati, tutta questa finta “souspance” elettiva, se i candidati sono automaticamente eletti con i voti delle deleghe ricevute?

E già preselezionati?

Se in Italia si applicasse lo stesso sistema elettivo, potremmo ipotizzare, per esempio ,che ogni capo famiglia abbia le deleghe per votare per tutti i membri della sua famiglia, avremmo in un sol colpo depauperato il numero degli astenuti e aumentato il numero degli elettori con deleghe familiari.

Se il candidato in questione, che mi ha sorpreso, l’ha fatto ed è anche stato eletto, era segno che le carte statutarie glielo permettevano.

Le riforme dovrebbero essere propugnate dalla federazione stessa, per darsi concretamente quella forma cristallina propria del momento sociale in cui viviamo.

Il judo agonistico, con l’avvento del maestro dello sport Romanacci, prese una ventata d’energia da far salire su tutti i podi judoistici del mondo gli atleti italiani.

Per fare judo agonistico necessitava essere prima di tutto un atleta, il maestro Romanacci lo aveva capito e ampiamente dimostrato in tutte le classi e a tutti i livelli, non era un caso.

Questo problema non lo avevano capito i dirigenti del judo di quel tempo. Solo il presidente Pellicone intuì la “bisogna”, fu uno smacco tecnico politico per i dirigenti judoistici, ma una fortuna per il judo.

Il maestro Romanacci, non solo fu una scelta felice, ma unica al mondo perché il maestro Romanacci, vinse, con il suo ragazzi, medaglie olimpiche, sia nel settore del judo che nella lotta.

I suoi successi erano frutto del suo lavoro di studio e ricerca, non c’era improvvisazione. Gli insegnanti debbono tener presente questi metodi per trarne anch’essi delle soddisfazioni judoistiche.

La meritocrazia la si conquista con il lavoro, non comprandola presso persone compiacenti.

Mi ripeto su questo argomento perché se non si riesce a debellare questa abitudine, prevalentemente italiana, non troveremo mai il modo di elevare il livello del judo.

Per compensare l’azione presidenziale, a qualcuno dei consiglieri o forse a tutti, venne in mente che fosse giusto concedere un grado in più a quel maestro che aveva dimostrato di essere bravo con i suoi atleti in gare nazionali.

Così facendo si era riusciti a dare un Dan agli insegnanti per deduzione.

Per fortuna la cosa durò poco, perché si ritenne troppo ridicola. Dalla ricerca unitaria di un sistema di judo italiano si è passati a un federalismo judoistico.

“Divide ed impera” dicevano i romani; i governanti federali lo hanno applicato al judo nostrano, perché?

Ci sono alcuni istituzioni italiane che debbono essere necessariamente centrali, come: la scuola o la difesa ad esempio, non può esserci una scuola o un esercito regionale. Queste due istituzioni rappresentano l’unità dello Stato. Perché la FIJLKAM nel suo microcosmo ha creato venti scuola regionali diverse, venti commissioni d’esame, venti sistemi di giudizio?

I corsi regionali di judo sono una novità bifronte: valida per certi principi economici, distruggente per i valori tecnici e poco esaustivi, propinati agli insegnanti tecnici.

La federazione ha fatto prevalere il senso politico del federalismo e non ha catturato le necessità tecniche dei due settori che la compongono come il judo e il karate.

Facendo un pò di zapping, sullo schermo storico judoistico, vediamo come certi fatti: vedi il maestro Romanacci ora e il maestro Pignatti prima,i comitati regionali ora, i comitati regionali acefali prima, come tutto ciò si era già verificato.

La storia insegna, ma se non conosci la storia gli errori si ripetono puntualmente.

L’incoerenza dirigenziale del judo, a nostro parere, avvalora la sua sudditanza politica. Se non si riesce ad eleggere e quindi a rottamare il presente con una forza giovane, atta a conoscere le tematiche del judo e capace di interloquire e proporre riforme divenute necessarie, se non si riesce, allora siamo messi molto male.

Tante cinture nere sono state nominate ad alti gradi, dal 1966 ad oggi, tante, ma non sappiamo ufficialmente quante, non c’è nessun albo federale che ce le rappresenta.

Francamente parlando questi alti gradi siffatti, a cosa servono?

A nulla, lo dimostra il fatto che i suoi possessori non sono stati mai investiti per una qualsiasi azione federale.

A noi sembra che gli alti gradi siano dei bei diplomi di ben servito. Tutti quei riconoscimenti presidenziali e non, dovrebbero essere un patrimonio federale; non una riserva aurea, ma una moneta sonante da far circolare per aumentare il PIL della nostra disciplina.

Continua…

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