LESS IS MORE
“Less is more” è la celebre affermazione coniata dall’architetto tedesco LudwingMies van der Rohe, affinché si potesse trasmettere un concetto valido tanto nelle costruzioni quanto nella vita e cioè che il “di più” si ottiene costruendo sulla essenzialità, sul “meno”. Consapevoli di tutto ciò Simone e Daniel hanno iniziato ad intrecciare le dita delle loro mani, creando quell’incastro, simile al fasciame di legno utile nella costruzione della chiglia di una barca. Quel fasciame per i marinai greci creava “armonia”, un incastro indissolubile che costituiva la forza della imbarcazione.
A cura del Prof. Giuseppe Tribuzio
Tra i banchi di scuola abbiano appreso fin dalle scuole elementari che due rette parallele non si incontrano mai, poi ci hanno fatto comprendere che è probabile che possano incontrarsi all’infinito. Bene, questo avviene in geometrica euclidea, ma nella vita due vite parallele possono incontrarsi? Non sempre, però quando succede avviene qualcosa di unico ed esemplare. Due vite parallele, quelle di Daniel e di Simone, non erano per niente destinate ad incontrarsi se non ci fosse stato di mezzo la pratica del Judo. La palestra di Judo è diventato il loro punto di incontro dove le differenze, sostanzialmente svaniscono, lasciando spazio a valori condivisi che hanno la forza di unire indissolubilmente.
Simone ed Daniel hanno in comune la loro diversità: Daniel ha la pelle nera-nera, anche se parla non solo italiano ma anche con un forte accento bresciano, essendo nato nella provincia della Leonessa; Simone, al contrario, è albino, quindi bianco-bianco e per questo ipovedente.
Entrambi sono ai limiti opposti nello spettro della diversità, ma anche della forte spinta verso una marginalizzazione pregiudiziale. Entrambi sono identificabili con un meno, un less.
Questo perché la diversità appartiene ad altri, non a noi. Il diverso è sentito tale perché devia da un percorso stabilito e volge altrove i suoi passi. Ecco allora che il colore della pelle, sia nera che bianca, non può nascondersi non può sottrarsi al giudizio pregiudizievole, che erge muri, spesso insuperabili, che non lascia alcuna speranza di riscatto. Anche l’ipovedente albino ha i suoi ostacoli da superare. Vivere con un meno non è facile anche quando ci si abitua. Forse anche per questa ragione in Simone e Daniel è scattata una reazione che li indotti a fare del loro meno la loro forza al punto di sistemare su quel tratto orizzontale un altro perpendicolare da formare un più.
“Less is more” è la celebre affermazione coniata dall’architetto tedesco LudwingMies van der Rohe, affinché si potesse trasmettere un concetto valido tanto nelle costruzioni quanto nella vita e cioè che il “di più” si ottiene costruendo sulla essenzialità, sul “meno”. Consapevoli di tutto ciò Simone e Daniel hanno iniziato ad intrecciare le dita delle loro mani, creando quell’incastro, simile al fasciame di legno utile nella costruzione della chiglia di una barca. Quel fasciame per i marinai greci creava “armonia”, un incastro indissolubile che costituiva la forza della imbarcazione. Da questo intreccio per entrambi si stanno creando opportunità che molto probabilmente li vedranno partecipare come protagonisti ai giochi olimpici di Tokyo 2021: Daniel come rappresentante del paese dei suoi genitori, il Ghana, e Simone come componente della nazionale italiana paraolimpica di Judo. Allenandosi insieme, scherzando, ironizzando sulla loro diversità, sul loro essere “caffè e latte”, ha fatto sì che questo incontro diventasse l’incontro della loro vita, unico e irripetibile.
Il Judo che loro praticano, e del quale hanno appreso i valori, insegna esattamente questo: incontrasi per riconoscersi nelle proprie debolezze, nelle proprie manchevolezze per poter lavorarci insieme, trasformandole in colonne portanti in grado di reggere nuove fatiche lungo un percorso inaspettato, ma a lungo sognato.
Lessis more è il loro ed il nostro motto, rappresenta quel sentire l’insegnamento del Judo come un impegno quotidiano che non si arrende davanti alle evidenze, perché certe realtà sono un costrutto culturale, al quale diamo senso, anche se apparentemente un senso non ce l’ha. Il senso di questa storia, il cui finale è ancora da scrivere, il senso di questo incontro, di queste vite parallele è proprio nel sentirsi protagonisti della propria vita, pur essendo partiti come semplici spettatori. Daniel Anani e Simone Cannizzaro resteranno esempi virtuosi all’interno non solo dello sport ma della società intera, che grazie a loro potrà trovare motivi di crescita.
A cura del Prof. Giuseppe Tribuzio, docente incaricato di Sociologia all’ Università degli Studi “A.Moro” di Bari.
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