Libera-mente: verso il “FIJLKAM election day”

Mentre la pausa pre-elettorale congela l’Italia ormai da mesi, per buona parte delle nazioni che contano la corsa verso Rio 2016 prosegue alla grande: dopo la World Cup di Roma, gli appuntamenti a punteggio a cui nessun italiano ha preso parte, fino ad oggi sono stati ben cinque.   Ma anche per noi “italici”, lo statico avvento di questi […]

Pubblicato da il 7 Dic 2012 in

Mentre la pausa pre-elettorale congela l’Italia ormai da mesi, per buona parte delle nazioni che contano la corsa verso Rio 2016 prosegue alla grande: dopo la World Cup di Roma, gli appuntamenti a punteggio a cui nessun italiano ha preso parte, fino ad oggi sono stati ben cinque.

 

Ma anche per noi “italici”, lo statico avvento di questi mesi sta per terminare: non tanto per il miraggio natalizio dietro l’angolo, quanto per il fatidico otto dicembre che si staglia nell’imminenza di questo fine settimana; l’election day FIJLKAM è il primo passo vero e proprio nel prossimo quadriennio.

 

Se il week-end dell’Immacolata sarà cruciale anche a livello internazionale sia per il congresso EJU, quanto per la divulgazione delle tanto attese norme arbitrali, per noi è fondamentale concentrarci sull’insediamento del prossimo Consiglio Federale da cui ci si attendono punti di svolta davvero importanti.

 

D’altronde è in queste occasioni di transizioni più o meno vere che si compiono le scelte importanti, che si disegnano gli scenari futuribili, che si alimentano i sogni affinché si trasformino nelle migliori realtà: se non ora quando? Se non ora quando si sceglierà, si cambierà, si avrà il coraggio di crescere? Tempo per stagnare non ce n’è. Più.

 

Il judo targato Italia vanta eccellenze e potenze formidabili: d’altro canto non mancano le fragilità spesso intrise di provincialismo claustrofobico. Basta uno sguardo sintetico (e forse parziale) al 2012 per toccare con mano entrambi i lati della medaglia.

 

Un nome tra tutti: Rosalba Forciniti. Ormai nota a tutti i media come “La Rosalba”, è un vulcano irrequieto che ha saputo trasformare il bronzo di un’impresa sportiva nell’oro di una sfida mediatica: con Rosalba, da qualche mese il judo fa quasi quotidianamente capolino su radio e televisioni, proponendosi anche come strumento di inclusione e di riscatto sociale.

La visibilità della Forciniti pone una pezza non indifferente ad uno dei nostri punti più deboli: la promozione, il marketing, la pubblicità. Sempre che quella di non apparire troppo non sia una scelta, non sarebbe difficile puntare poco più in alto. Esempi? Ci si torce ancora lo stomaco a ricordare le pittoresche telecronache dei Giochi di Londra: dov’erano i nostri? Chi avrebbe dovuto evitare lo scempio mediatico, piazzando una voce minimamente competente al fianco dei vari Guazzini o Rizzica: penso che in tanti l’avrebbero fatto gratuitamente. Così non è stato ed abbiamo perso la vetrina più importante del quadriennio: l’occasione più preziosa per intercettare un pubblico più ampio di quello dei “soliti”. Un altro esempio: cosa potremmo dire della la trasmissione in diretta su Rai Sport 1 della finale dei Campionati Italiani a squadre di Pesaro? Sensazionale…sì, se il momento clou della giornata non fosse caduto fuori dai tempi della trasmissione! In verità va riconosciuto che a Pesaro ci sia stato un passo in avanti rispetto a Londra: la libera iniziativa del DTN Felice Mariani ci ha regalato tra le chiacchiere, anche un commento capace di comunicare l’essenziale facendola breve coi cavilli normativi per rendere comprensibili gli incontri: ma saremo capaci di sfruttare al meglio questo talento del maestro in un domani olimpico dietro ai teleschermi?

 

Un altro punto forte in ambito di “promozione” in verità c’è stato ben prima di Londra: il progetto“Sport a scuola FIJLKAM”. Al di là dei contenuti, la possibilità di inserirci nell’ambiente scolastico ci ha posti all’interno – se non potenzialmente al centro – del percorso di “alfabetizzazione” motoria e sportiva con la possibilità di allargare a dismisura il nostro bacino. Forse occorrerebbe crederci di più, perseverando con la cura georgica di chi ogni anno pianta i suoi semi: possiamo forse permetterci di perdere una simile occasione?

 

Oltre al sorriso di Rosalba, il 2012 è stato un anno di conferme anche nell’ambito del Kata: l’Italia si è assicurata la seconda piazza mondiale, dietro soltanto al “celeste” Giappone. Nel quadriennio di lancio del settore Kata, gli azzurri si sono accaparrati 15 medaglie mondiali e 46 medaglie europee, acquisendo riconoscimenti senza precedenti culminati con l’organizzazione dei Campionati Mondiali di Kata di Pordenone. Non è stato meno felice il settore dei Master: nel solo 2012 i veterani hanno conquistato 13 medaglie europee e 13 medaglie mondiali (4 ori 4 argenti e 5 bronzi sia ai campionati continentali di Opole che ai Mondiali di Miami). Kata e Master sono un segno evidente che l’attività nazionale non si esaurisca nell’agonismo comunemente inteso: i risultati di questi settori possono essere il segno atteso di una crescita?

 

Che dire invece dei Settori Giovanili? Il frutto più maturo delle scelte condotte in questo ambito si è visto agli ultimi Europei under 23; a brillare sono stati i ragazzi cresciuti in seno alla progettualità dell’ultimo quadriennio: una netta discontinuità col mondo “adulto” a partire dal tratto saliente della liberalizzazione delle competizioni internazionali. A modo suo chi ha fatto queste scelte non senza difficoltà, si è fatto interprete dello stesso dinamismo che ha portato le “superpotenze” mondiali (Russia, Francia, Korea, Giappone, Brasile per citarne “alcune”) a brillare sul tatami olimpico di Londra: non con una ma con cinque, sei, sette medaglie ed almeno quattordici atleti in gara.

Il lavoro di questi quattro anni ha portato il settore giovanile azzurro a guadagnare 11 medaglie mondiali, 38 continentali e 280 in Coppa Europa tra cadetti e junior, con un impennata dei risultati dopo la liberalizzazione dell’attività internazionale. Considerando soltanto mondiali ed europei i settori giovanili hanno centrato in media tre medaglie a gara in ciascuno degli eventi maggiori!

L’attività giovanile ha dimostrato che una progettualità precisa, accanto alla scelta ormai irrinunciabile di liberalizzare le gare di Coppa Europa, permette all’Italia di essere tra le migliori in Europa e non solo. Occorre ora una svolta in termini di interazione con i club: individualizzare i percorsi di crescita e gli obiettivi significa decentrare le risorse, promuovere la partecipazione alle scelte, valorizzare i talenti e soprattutto creare un dinamismo centrato sul merito oggettivo dell’atleta, e non sui numeri dei maestri o della società…ha stancato il corporativismo che contrappone delle élite politicamente fortunate al resto del mondo. Vi sono di certo delle realtà eccellenti che andrebbero valorizzate come “scuole” del judo Italiano: Torino, Napoli sul versante più adulto, la Sicilia su quello più giovane sono felici esempi di come anche i club possano fare una grande attività internazionale.

L’attività giovanile ha da insegnare anche attraverso un aspetto forse marginale: invece di rivolgersi ad un gruppo ristretto ed ermetico, il percorso di questi anni ha via via coinvolto un movimento assai vasto dimostrando a tanti che valga la pena mettersi in gioco

L’insediamento di una vera e propria direzione tecnica under 18 per il prossimo quadriennio, non potrà non muoversi da questa base ormai solida.

 

La lezione europea, così come quella dei nostri settori giovanili, mostrano con insistenza la possibilità e la necessità di rivalutare l’attività senior nell’ottica di un deciso cambiamento all’insegna di partecipazione, riconoscimento del merito e progettualità. Se i risultati non sono mancati (dal 2009 a oggi la nazionale maggiore ha collezionato una medaglia olimpica, una mondiale, sei europee e 108 medaglie tra Grand Slam, Grand Prix e World Cup) è evidente che promuovere la crescita di un settore piuttosto che di un “gruppetto”, non significa solo potersi permettere di scegliere tra una rosa di candidati chi potrà affrontare un’olimpiade: significa soprattutto aver fatto crescere ai massimi livelli non una, bensì due, tre, cinque e più persone di ogni categoria. Significa d’altronde far fruttare lo stipendio che lo stato paga ai nostri professionisti: ottimi atleti, spesso troppo poco incentivati, “sfiniti” dalla noia di una lunga decantazione nel purgatorio delle seconde linee. Da qualche mese, qualcuno ha avuto il coraggio di voltare pagina: chi fa parte di un’élite ha il dovere di investire se stesso per il proprio futuro e a questo proposito l’esperienza internazionale che si può trarre dal circuito di European Cup Senior è sensazionale. D’altro canto sarà vitale non disperdere l’esperienza dei campioni arrivati al capolinea dell’attività agonistica: appurato che l’insegnamento sia altro rispetto alla gara il bagaglio di questi ragazzi è un tesoro prezioso che non può essere perso in modo sistematico dietro una scrivania o in una palestra semivuota ad insegnare difesa personale.

Per far crescere un settore tuttavia è fondamentale rivolgersi anche e soprattutto a chi non è prima, seconda o terza linea, ma ha tutta la dignità di guardare al futuro salendo sul tatami per divertirsi e anche per trovare l’occasione della vita. E’ forse questo il momento per ripensare tutta l’attività over 20 : occorrono delle regole oggettive e dei percorsi definiti che riconoscano il merito, affinché ogni traguardo sia il punto di partenza per altri traguardi più ambiziosi. E’ noto che oggi non sia così: un Campionato Italiano Under23, una Coppa Italia o un Universitario sono mete fini a se stesse. Prima ancora in verità, andrebbe ridefinita l’attività senior “di base” attraverso dei circuiti “amatoriali” da un lato, d’altro canto ripensando un Assoluto che sia più ASSOLUTO: ridefinire i criteri di accesso, i tempi e i modi di svolgimento…”perché per esempio, non valorizzare un circuito di gare invece della solita noiosa qualificazione? Oppure ristringere la selezione affinché l’assoluto sia davvero l’Evento dell’anno in Assoluto, a fronte del ripristino di un vero e proprio campionato italiano di classe anche per i senior?” Tra il dire e il fare c’è di mezzo la volontà.

 

Il brulicare delle possibilità si sintetizza in quella che per il 2012 ha rappresentato una “boccata d’aria”: il Progetto Rio 2016, una possibilità per crescere. Da una parte con l’obiettivo di portare dei giovani ad essere competitivi tra i migliori, dall’altro con la possibilità di far crescere con loro tutto il judo italiano. Se lo vogliamo davvero infatti il “Progetto Rio” guardando al 2016 può tracciare la strada per il 2020 e oltre ma occorre la volontà di trasformare le ambizioni e le necessità contingenti in un progetto concreto per TUTTI i judoka: progettare non significa solo fare un calendario di gare ed allenamenti, bensì disegnare un percorso fitto di tappe, di verifiche, di revisioni con una programmazione chiara a breve, medio, lungo e lunghissimo termine ed un dinamismo in entrata ed in uscita che non dia nulla per scontato.

 

Il 2012 sarà ricordato anche come l’anno del Care System. Lungi dall’essere uno strumento “moviolistico” in stile “Processo di Biscardi”, il Care System oltre a rendere più serena la gestione dell’incontro da parte della terna arbitrale, diventa fondamentale per garantire reale obiettività alle frequenti situazioni di incertezza che danno adito ad inutili scontri tra ufficiali di gara, tecnici ed atleti, qualora malamente gestite. E’ fondamentale usare qualsiasi sistema e dunque anche il care-systemper scalfire i diffusi pregiudizi nei confronti di un settore arbitrale riverente o timoroso: son finiti i tempi delle spintarelle e degli aiutini. Nondimeno anche in questo ambito da un lato è fondamentale riconoscere il merito valorizzando le eccellenze arbitrali di cui non siamo privi, dall’altro è urgente formare un settore a volte fin troppo lacunoso: per fare esperienza e per crescere sono imprescindibili la formazione e la pratica continua, la sinergia con i club, la circolazione a livello internazionale come avviene per gli atleti.

 

Di recente è stato inaugurato il Museo Federale, una struttura emblematica che la Federazione ha voluto collocare nel suo centro nevralgico. La presenza di un polo culturale che col Centro Olimpico di recente rinnovato vuole rappresentare un fiore all’occhiello, richiama l’attenzione in modo perentorio su quello che dovrebbe essere l’ingrediente principale della crescita del nostro sport: la formazione. Nell’anno dei “corsi di massa” diventa urgante ripensare ai percordi di formazione con l’obiettivo di costruire e condividere un linguaggio comune per ampliare ed omogeneizzare le capacità tecniche degli atleti; si tratta di creare profili di alta specializzazione che sappiano raffinare queste basi; si tratta di creare le occasioni per una crescita culturale di qualità a scapito della formazione enciclopedica finalizzata “al bollino” annuale. I corsi di formazione regionali e nazionali ora come ora rischiano di assomigliare alle vetrine dei supermercati in cui i contenuti più teorici e lontani dal tatami si mescolano all’autocelebrazione di alcuni docenti “impantanati” nei risultati dei loro (quando va bene..) atleti di un tempo. D’altro canto, è anche fondamentale differenziare per età, per esperienza e per trascorsi, riconoscendo le necessità di formazione in base alle singole esperienze: significa innalzare gli standard perché tutti raggiungano un livello superiore, e non abbassare le richieste perché troppi sembrino all’altezza.

 

Il quadriennio alle porte è la possibilità di ricominciare: non tanto da capo, ma con la consapevolezza di quali siano i propri punti di forza e le aree da migliorare. Dee Hock, il fondatore di Visa, diceva che il problema non è mai come farsi venire in mente qualcosa di nuovo e innovativo ma come eliminare le convinzioni vecchie.” Vi sono infatti dei cambiamenti sostanziali che vanno oltre i tagli di bilancio ed i contributi del CONI: oggi occorrono senz’altro più dialogo, più ascolto, più interazione per non chiudersi sistematicamente in difesa impedendo a se stessi ed agli altri di crescere.

Progettualità, regole, dialogo, ascolto, partecipazione, promozione, visibilità, formazione potrebbero essere alcune delle parole chiave di questo auspicato cambiamento.

 

Se come diceva Walt Disney “l’unico modo per iniziare a fare qualcosa è smettere di parlare e iniziare a fare“…da domani è ora di cominciare.  

 

Jita Kyoei!


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